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Oggi vi racconto una storia incredibile di reclutamento. È una riflessione che nasce dal mio lungo viaggio come HR Manager, Talent Manager e Profiler. Un viaggio fatto di colloqui, selezioni, confronti con imprenditori, giovani talenti, manager navigati e persone che sognano di fare la differenza.

Nel tempo, ho sempre cercato ispirazione anche fuori dai confini tradizionali del management, in storie capaci di toccare mente e cuore. Anni fa incontrai un libro sorprendente: Gesù come Manager, di Bob Briner. Un testo che guarda alla figura di Gesù con lenti manageriali, scoprendo chiavi di leadership e costruzione di squadra davvero attuali.

Un libro e anche un corso di formazione

Non vi nascondo che alcune pagine di quel libro mi hanno fatto riflettere molto, persino discutere con me stesso. Ma proprio da quei contrasti sono nati spunti preziosi che porto ancora oggi nei miei corsi, nei team che aiuto a crescere, nei colloqui che conduco.

Oggi vi porto dentro uno di questi spunti. Una storia che è diventata per me una piccola “favola manageriale”, perfetta per essere scritta su questo blog.

Pronti? Andiamo insieme sulla via di Damasco, dove si compie uno dei primi, e forse più geniali, reclutamenti della storia.

La storia

Bob Briner scrive:

“Il più grande manager di tutti i tempi è stato Gesù. Basta guardare cosa ha realizzato. La sua organizzazione esiste da duemila anni. Ha una diffusione globale. La fedeltà dei suoi collaboratori è leggendaria. Il suo messaggio ha attraversato epoche, culture e continenti.”

Questa premessa, che può sembrare provocatoria, ci apre però una domanda interessante: come ha scelto Gesù i suoi collaboratori chiave? E soprattutto: quali lezioni possiamo trarne per il nostro modo di attrarre e inserire talenti, oggi?

Il caso: Paolo di Tarso

Tra i tanti momenti di costruzione della “squadra” di Gesù, ce n’è uno che spicca per audacia e intelligenza strategica: il reclutamento di Paolo di Tarso. Sì, proprio lui, quello che conosciamo come San Paolo.

Paolo non era certo il candidato ideale agli occhi dei discepoli. Anzi: era un acerrimo avversario. Perseguitava con determinazione i seguaci di Gesù. Aveva capacità, leadership, cultura… ma stava dall’altra parte.

Eppure, proprio queste sue doti — abbinate a una conversione profonda e autentica — ne fecero l’uomo perfetto per un ruolo chiave nella diffusione del messaggio cristiano.

L’incontro

Il racconto negli Atti degli Apostoli è potente:

“Mentre era in viaggio verso Damasco, una luce lo avvolse. Cadde a terra e udì una voce: ‘Paolo, Paolo, perché mi perseguiti?’. Era la voce di Gesù.”

Quel momento rappresenta un’autentica “chiamata”. Ma non basta un’illuminazione per fare un manager. Serve un percorso di accompagnamento, formazione e integrazione nella nuova organizzazione.

Ed ecco allora la figura di Anania, che possiamo vedere come un Responsabile Risorse Umane ante litteram: accoglie Paolo accecato, lo battezza, gli spiega la missione e lo introduce nella nuova cultura aziendale.

Analisi del caso di reclutamento

Vediamo insieme perché questa storia può ancora insegnarci molto sul ciclo di ricerca e selezione del talento.

👉 Profilazione
La ricerca era chiara: serviva una figura di spessore, con visione strategica e capacità di costruire. Un leader in grado di formare nuovi quadri, diffondere il messaggio e strutturare una rete globale.

👉 CV “non convenzionale”
Paolo aveva tutto questo. Era un uomo di cultura, con una forte personalità, abituato a gestire progetti complessi (purtroppo, nel campo avverso!). Ma il suo potenziale era enorme. Bastava una trasformazione autentica per metterlo al servizio di una nuova causa.

👉 Onboarding e formazione
Gesù, l’“AD visionario”, lo intercetta direttamente. Poi affida ad Anania il compito fondamentale di accompagnare Paolo nel suo nuovo percorso. Anania diventa mentore e facilitatore culturale.

👉 Ruolo di Paolo
Dopo la trasformazione, Paolo assume un ruolo cruciale: recluta nuovi leader, raccoglie fondi, struttura l’organizzazione, scrive lettere — vere e proprie linee guida per la gestione e la diffusione della missione. Diventa un esempio vivente di manager ispirato.

Lezioni per noi

Bob Briner ci ricorda:

“Se trovate la persona giusta per un ruolo chiave, andate a prenderla. Non aspettate che venga da voi. E non fermatevi davanti a ostacoli interni o paure di destabilizzare il team.”

Personalmente, quando lessi per la prima volta questo capitolo ebbi delle resistenze. Ero (e in parte resto) convinto che:

  1. Non sempre è saggio prendere persone dalla concorrenza, che portano con sé imprinting culturali difficili da cambiare.
  2. Valorizzare e far crescere i talenti interni è una scelta sana e lungimirante.

Ma con il tempo ho imparato a sfumare queste posizioni. Ogni caso è unico. E ci sono momenti in cui serve il coraggio di “chiamare Paolo” anche se è nella squadra avversaria, perché il futuro della tua organizzazione lo richiede.

Il team perfetto

  1. Pietro era l’anima profonda, il custode dei valori, il simbolo della missione.
  2. Paolo era il costruttore, il formatore, il politico, il manager operativo.

Insieme, furono la coppia più straordinaria della storia della leadership. E ancora oggi, il loro esempio di reclutamento ci ricorda che in ogni team servono anime diverse, complementari, capaci di portare equilibrio tra identità e sviluppo.

Conclusione finale

Raccontare oggi questa storia non è solo un esercizio di stile. È un invito a tutti noi — HR manager, imprenditori, leader di organizzazioni piccole e grandi — a guardare ai talenti con occhi nuovi.

A chiederci non solo “chi è più comodo scegliere”, ma “chi può davvero portarci dove vogliamo andare”. A non temere i percorsi di trasformazione. A non chiuderci nei confini rassicuranti dell’abitudine.

Perché, a volte, il talento più prezioso può nascondersi proprio là dove oggi non stiamo guardando.

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