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Il mio incontro con il maestro Vito Melito, leggenda del podismo italiano e della Cento KM del Passatore, avvenne il 20 dicembre 2018 nel periodo in cui stavo cercando di tornare ad una vita normale, dopo l’ictus che mi aveva colpito nell’aprile del 2017. Leggi qui.

Solo pochi mesi dopo il nostro incontro, il 28 Giugno del 2019, Vito se ne andò per sempre, colpito proprio da un ictus improvviso che non gli lasciò scampo. Ci siamo frequentati per poco tempo ma è stato, senza dubbio, il mio maestro di corsa e di vita.

Non conta la durata di un rapporto, conta la nostra capacità di cogliere al volo gli insegnamenti dei maestri che incontriamo.

Vito = Etim. Colui che ha vita

Coincidenze e maestri

Sto ancora cercando risposte al mio scambio con lui perché sicuramente di scambio si è trattato. Lui si era impegnato ad aiutarmi per recuperare dall’ictus, proprio un ictus lo ha ucciso. Perché? Coincidenza? Premonizione? Energia spirituale che si genera tra noi essere umani? Ad oggi non ho ancora trovato risposte a queste domande ma ci penso ogni giorno.

E’, di sicuro, la storia di un allievo e di un maestro ma, forse, è la storia della nostra vita, fatta di incontri estemporanei, di persone speciali che si affiancano a noi per un giorno, un mese o un anno per portarci ad un obiettivo.

Sono i maestri (etim. magister da magis = di più, superiore) che ognuno di noi incontra nella propria vita, a volte senza rendersene conto e senza riconoscerli. Io nella mia vita ne ho incontrati quattro o cinque, di maestri veri intendo. Vito è stato uno di questi.

La prima volta

Dopo il ritiro dall’attività agonistica, Vito Melito gestiva anche un’attività di articoli sportivi. Il negozio di via del Tintoretto a Bologna era una vera istituzione per gli appassionati di corsa.

“Buongiorno sono Paolo, mi hanno mandato qui da lei per un paio di scarpe da running”.

“Ciao, sono Vito, dammi pure del tu, Paolo, mettiti comodo su quella sedia”. Perentorio ma gentile.

C’era una donna defilata in un angolo, la moglie di Vito, un papà provava quel giorno un paio di scarpe per il figlio. Mi spostai in un angolo, in attesa del mio turno e, come mia abitudine, mi misi ad osservare cose e persone in silenzio.

Per me, il podismo, era un mondo tutto nuovo, una prima uscita timida dalla zona di comfort del calcio, praticato per una vita. Vito era un omino piccolo piccolo. Per corporatura e baffetti ricordava vagamente mio nonno Paolo che ho amato molto, anche Vito era un uomo del sud, si sentiva dalla sua parlata.

Vito Melito – Con la maglia dell’Atletica Melito

Il negozio era semplice, era “vitocentrico”, tutto ruotava intorno a lui: le foto della sua carriera, le dediche, anche l’abbigliamento e le scarpe negli scaffali sembravano parte di un disegno creato da lui, semplice, essenziale, vecchio stampo e umile; la moglie stava un passo dietro a lui in tutto e, seduta, non parlava quasi mai. Appena Vito terminò con l’altro cliente, si girò verso di me, curioso.

Le scarpette da running di… Cenerentolo

“Ciao, Paolo – mi guardò con intensità e curiosità – dimmi, perché sei qui? ” (non lo intesi riferito alle scarpe e… non lo era). Rimasi un po’ spiazzato da quella domanda diretta ma forse proprio per quella schiettezza, gli raccontai tutto in pochi minuti.

Mi fece sedere e dopo aver ascoltato di me, del calcio, della mia malattia, mi disse: “Si vede che hai giocato sempre a calcio, hai le gambe di un calciatore, non come le mie che sono esili, da maratoneta. E i piedi? Togliti le scarpe e le calze”. Prese un metro e iniziò a farmi una serie di misurazioni ai piedi. Lo guardavo con curiosità e affascinato, poi scomparve nel retrobottega.

Tornò con una pila di scatole da scarpe. “Guarda, hai la pianta del piede larga e il collo del piede alto (un mostro praticamente, ndr). Porti 42 a dx e 41 e mezzo a sx per cui ti propongo 44, due numeri in più ma vedrai che starai comodo”.

Quando misi le scarpe ai piedi mi sentii davvero Cenerentolo, una comodità ammortizzata che mi era sconosciuta, io abituato alle ristrettezze delle scarpe da calcio. Bellissimo, comprai le scarpe e tutto quell’abbigliamento che Vito mi consigliava in modo personalizzato, sempre spiegandomi dettagli tecnici e pratici.

Sentivo che mi stava insegnando e io apprendevo ma la cosa più bella era la passione che ci metteva nelle spiegazioni.

La dedica

Finiti gli acquisti, ci fermammo a parlare. Mi chiese abitudini e intensità dei miei allenamenti, le abitudini alimentari. Si era tolto la giacchetta del negoziante e aveva indossato già quella dell’allenatore.

Parlammo molto delle mie motivazioni e della mia voglia di correre, gli raccontai del mio ictus e del mio amore per lo sport. Mi prese a cuore e mi disse: ” Ti aiuterò ma mi devi seguire”

Sulla scrivania aveva dei libri stampati da poco. La sua bibbia, il suo mondo racchiuso in INVITO ALLA CORSA (Edizioni Bud Press 2018), un vademecum tecnico culturale per il corridore dilettante. Mi rilasciò questa dedica che ancora conservo.

Vito Melito

“Al carissimo Paolo, spero che con l’aiuto dei miei consigli tu possa raggiungere i risultati sportivi che il tuo cuore desidera, con affetto Vito – 20 Dicembre 2018”

Le mitiche tabelle di Vito Melito

Subito dopo si mise a scrivere strane tabelle. Senza  indugiare, mi stava preparando i miei primi 30 giorni di allenamento. Mi sembrava di sognare, da anni cercavo qualcuno che si potesse dedicare a me. Gli dissi che in quei mesi avevo già un impegno con il calcio amatori a 7 UISP:  alla veneranda età di 54 anni non avevo ancora intenzione di appendere le mie scarpette al chiodo… Lo avvisai, mi disse di non preoccuparmi e mi diede i primi consigli per partire in questa nuova avventura: la corsa.

Il giorno dopo ero già in strada a mettere in pratica. Conservo ancora alcune sue tabelle nel mio cassetto, mi sono ancora utili per riprendere la preparazione dopo l’estate o dopo periodi di inattività brevi.

La Camminata di Capodanno Meloncello-San Luca

Per i primi mesi lo scambio fu intenso e culminò con un appuntamento a cui Vito teneva in particolar modo: la Camminata di Capodanno Meloncello-San Luca da lui inventata. Mi diede appuntamento alle 8.00 del Primo dell’Anno di fronte al Bar Billy con la promessa di insegnarmi tutti i segreti di questo magico tragitto di cui ho già parlato in questo blog.

Quel giorno per me resterà indimenticabile. la cosa che mi colpì è che Vito conosceva tutti, salutava uno ad uno le persone che incontrava e mi tenne sempre al suo fianco, per l’intera durata del percorso in salita e in discesa strinse mani a tutti quelli che salivano e che scendevano dalla cima del Monte della Guardia.

Fu una lezione magistrale. Mi insegnò cosa fare in ogni punto del portico che conduce a San Luca. Imparai che all’andata era meglio, sotto il profilo della corsa, seguire la strada asfaltata e non quella sotto il portico; come mettere il piede in salita e come mettere il piede in discesa, dove accelerare e dove rifiatare; mi consigliò come partire lento, per non soffrire crisi di fiato nella parte in alto e come affrontare la discesa per evitare infortuni alle articolazioni.

Camminando insieme sotto i portici, mi confidò che questa camminata era la sua creatura. Sarebbe bello che il Comune di Bologna organizzasse ogni Capodanno questa manifestazione in suo onore.

Gli allenamenti, la crisi, la decisione

Gli allenamenti con lui furono incredibili. Tutto per passione, di entrambi. Avevo un programma settimanale e per 3 giorni alla settimana passavo in negozio, gli altri quattro mi allenavo da solo seguendo le sue tabelle.

Davanti al negozio di via Tintoretto c’è un parco. La particolarità è che questo tragitto è un anello di 400 mt, proprio come la pista di atletica. Me lo fece notare Vito perché lo aveva ribattezzato “Maranello”. Lì mi faceva allenare. Lui si sedeva con la sedia fuori dal negozio cronometro in mano e fischietto in bocca; io dovevo girare con riscaldamento, allunghi e fartlek (allenamento a intervalli che si basa sull’alternarsi di due fasi: velocità e recupero) seguendo le sue tabelle. Tre volte a settimana: l’obiettivo era aumentare la velocità della corsa, in vista di percorsi più impegnativi.

In quei primi tre mesi del 2019 feci molti allenamenti con lui, si creò un rapporto molto intenso. Partecipai anche a due corse podistiche organizzate da Vito di 7 e 10 Km, sempre con tempi monitorati e successivi correttivi.

Come detto, continuavo nel frattempo a giocare a calcio nel campionato amatori. Intervallavo gli allenamenti con Vito ad una partita settimanale. Mi accorsi, però, che le due attività stavano entrando in conflitto.

Se da un lato stavo crescendo come podista, dall’altra stavo perdendo le mie peculiarità calcistiche. Sul campo di calcio avevo iniziato a perdere i cambi di direzione, la mia corsa era continua, ero diventato un ibrido che continuava a correre, superallenato; alla fine facevo molta corsa ma ero fuori tempo, fuori sincro.

E’ incredibile anche come cambi la mentalità, come ti si modifichi il ruolo, di conseguenza l’obiettivo. Non ero più con la testa su un campo di calcio ma su una strada a correre.

Espressi a Vito le mie perplessità e gli dissi che volevo arrivare in fondo al campionato, ero stato chiaro fin da subito con lui. Mi capì e ci rimase male, spiegandomi che erano due attività contrapposte e che avrei dovuto, alla fine, scegliere. Scelsi ancora una volta il calcio ma qualcosa si incrinò fra noi. Mi disse di tornare a campionato finito e così decisi di fare.

Il ritorno e l’addio

Dopo tre mesi a fine campionato tornai. Era maggio. Gli chiesi scusa per la mia decisione invernale, si informò dell’esito del campionato (finale raggiunta e persa) e ci scambiammo la promessa di ripartire con gli allenamenti per la stagione autunnale.

Colsi una sua freddezza, era come se l’avessi tradito. Fu l’ultima volta che lo vidi. Il 28 Giugno 2019 un ictus improvviso lo colpì a morte. La cosa peggiore per me fu che lo scoprii da un post del Resto del Carlino su Internet. Non ci sentivamo da un mese: ero a casa e piansi a dirotto, anche per il senso di colpa di quel distacco non voluto forse da entrambi.

Alla camera ardente c’erano tutti i ragazzi della sua associazione podistica, tanti appassionati di corsa, gente comune. Nella bara c’erano le sue magliette, le sue medaglie, le sue mitiche tabelle di allenamento, comprese le mie.

Grazie maestro.

Vito Melito, il podista filosofo

Vito Melito

Nasce ad Ariano Irpino (Avellino) il 24 Aprile 1945; laureato in filosofia, inizia l’attività sportiva con la maglia del C.S.I. Ariano, indi passa al Ginnastica Irpina (Avellino) e poi al CUS Napoli dal 1966/1969.

Nel decennio 1970/1982 veste vari colori tra cui il CUS Bologna. Ha avuto al suo attivo oltre 600 gare cha vanno dai 100 mt ai 100 Km. Ha preso parte alle competizioni più prestigiose in ogni parte del mondo: Maratona di Enschede(Olanda) nel 1972, Maratona di Ginevra nel 1974, Maratona di Boston nel 1978, Maratona di New York nel 1979 (2:29’49”), Maratona di Kosice (Cecoslovacchia) nel 1976.

Vincitore di 4 edizioni della 100 Km del Passatore (Firenze Faenza) nel 1976, 1977, 1978, 1981. Ha partecipato alla 100 Km Biel-Bienne (Svizzera) ottenendo il 4° posto e alla 100 Km di Santander (Spagna) dove è arrivato terzo. Vito è stato primatista italiano dei 50 km in 2:59’44” e Campione del Mondo della 100 Km nel 1981. Ha detenuto la migliore prestazione dei 100 km su strada in 6:12’55”

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